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Una voce nel castello

Andy_Odierno

La mia esperienza al Touriseum è stata senza dubbio accolta, inizialmente, da un certo stupore da alcuni membri dello staff, dal momento che ero un tirocinante un po’ “stagionato” se rapportato alla media di ragazzini che venivano regolarmente ogni anno per fare alternanza scuola-lavoro o giovani laureandi in materie inerenti al mondo museale. Io sono entrato in questa struttura per una via diversa, un corso come collaboratore museale finanziato dal Fondo Sociale Europeo, frequentato durante la stasi mondiale dovuta alla pandemia. Una sorta di arricchimento personale finalizzato a comprendere meglio un settore che mi ha sempre incuriosito. A corso concluso dovevo scegliere una struttura e il primo nome della mia lista era proprio quello del Touriseum, un piccolo gioiello incastonato tra la natura e la cultura, un museo tra le colline, ma tutto sommato molto vicino alla mia città, Merano. Mi era già capitato di visitare più volte il museo e l’intero complesso botanico  di Schloss Trauttmansdorff da quando è stato fondato e i ricordi erano a dir poco piacevoli. Il contesto era ed è quanto di più invidiabile ci possa essere, anche per una provincia curata come la nostra. Pertanto, perché non provare a lavorarci per un mesetto? Dopo un breve colloquio molto positivo con la responsabile della mediazione Ruth Engl, la quale era ben disposta ad accogliere l’iniziativa del tirocinio del mio corso, la mia esperienza ha avuto subito inizio senza problemi. Il focus del mio tirocinio sarebbe stato quello di sfruttare le conoscenze acquisite durante le fasi teoriche del mio corso, nonché la mia esperienza nel mondo artistico e i miei variegati interessi culturali. Mi è stato dato l’incarico di sviluppare e curare un progetto legato alla mostra temporanea sulla storia delle valigie. Nella fattispecie si trattava di un ciclo di racconti sotto forma di podcast, con pubblicazioni settimanali sul blog del sito. Il mio compito consisteva nel contattare gli aderenti al progetto, fissare appuntamenti, far registrare le loro storie, montarle, mixarle e musicarle uniformemente al trend editoriale del progetto. Talvolta capitava che registrassi personalmente le storie, compito che mi dava molta soddisfazione. Sebbene non avessi mai utilizzato quei programmi o eseguito tali operazioni nel dettaglio, le mie precedenti esperienze in ambiti analoghi (cinema) mi hanno permesso di apprendere e migliorare con notevole naturalezza, a tal punto da ottenere risultati incoraggianti e arricchenti per il progetto. Così trascorrevo la maggior parte del tempo, tra lavoro individuale e gestione degli ospiti. In talune occasioni venivo anche impiegato per sostituzioni presso la reception, in cui mi occupavo di accogliere i visitatori, dando loro le indicazioni, e la gestione dello shop. Queste ultime attività erano sicuramente molto meno interessanti e non le svolgevo molto volentieri, ma fortunatamente non capitavano spesso e nei tempi morti mi tenevo comunque impegnato con la lettura e la correzione dei testi da pubblicare per il progetto “storie di valigie”, oltre che dell’aggiornamento della tabella di marcia e altre operazioni d’ufficio (come traduzioni). Se le mie alte aspettative sulla qualità della location sono state completamente rispettate, sono rimasto piacevolmente impressionato anche dai colleghi. La sfera umana è senza dubbio al livello della sfera naturalistica, a conferma che la bellezza dell’ambiente rende migliore anche chi ci lavora, e viceversa! Quella del Touriseum è una comunità compatta, che comunica tantissimo e che ha saputo generare un sottobosco di piccole consuetudini (ad esempio la pausa caffè come espediente di debriefing) tali da rendere saldo il rapporto di ogni suo componente, senza distinzioni di ruolo, titolo di studio e funzione all’interno della struttura. Tutti parlano con tutti e anche i nuovi arrivati vengono immediatamente integrati nel gruppo. Insomma, al Touriseum ci si conosce tutti subito. Non è una cosa per nulla scontata all’interno di una azienda e ciò mi ha fatto una bellissima impressione. Naturalmente i contrasti ci possono essere, come in tutte le realtà lavorative, ma in generale è sempre molto palpabile la democrazia e il rispetto tra le persone prima di ogni cosa. Magari fosse così ovunque! Una figura chiave è indubbiamente quella di Ruth, da considerarsi come la “mamma” del Touriseum, una donna che ha visto nascere il progetto e che ne rappresenta l’ossatura e memoria storica. Nonostante la sua lunga carriera ed esperienza, tale da accentrare un rispetto paragonabile a quello di una direttrice de facto, un punto di riferimento, lei continua ad essere un giovane motore creativo, che trasmette entusiasmo a tutti e che dà a tutti il giusto spazio e la giusta fiducia per rendere al meglio. Insomma una donna che volentieri accetta di collaborare con ragazzi giovani, per trovare in essi la freschezza di essere una leader sempre pronta ad aggiornare l’offerta culturale del museo. Pertanto devo ringraziare in primis lei per l’autonomia e per gli incoraggiamenti che mi ha dato e poi naturalmente anche tutto il resto dello staff, che ha reso questa esperienza molto gradevole e indimenticabile. Per differenti vicissitudini il mio futuro sarà probabilmente lontano da questa struttura, ma non nego che se dovesse esserci una possibilità di tornare in veste ufficiale, prenderei seriamente in considerazione la cosa, poiché, in un certo senso, il Touriseum mi ha lasciato dentro qualcosa di permanente e spero di aver fatto altrettanto. Ritengo che gli addii siano sempre troppi tristi e sopravvalutati, sia se si confermano tali, sia se alla fine non lo sono, dunque considero questo testo conclusivo più come un arrivederci…e grazie di tutto!

 

Andy Odierno

Il mio stage presso il Touriseum

Foto_Eleonora_Tibaldo

Ho iniziato il mio stage presso il Touriseum il 21 dicembre; in una situazione difficile come quella dell’ultimo anno, tra decreti e lockdown, mi sono sentita davvero fortunata di aver avuto questa opportunità. Conoscevo già sia il Touriseum sia i bellissimi giardini che circondano il castel Trautmannsdorff, e pur avendo dovuto lavorare spesso in smartworking, ogni occasione in cui mi sono recata al museo è stata magica: i giardini silenziosi sotto la neve, il lago delle ninfee ghiacciato, camminare tra le stanze vuote del museo per raggiungere gli uffici nascosti.

Il Touriseum era già chiuso al pubblico quando è iniziato il mio periodo di tirocinio, quindi non ho preso parte alla “normalità” del museo. Ho potuto invece vedere come il team del Touriseum lavora dietro le quinte e come si prepara alla nuova stagione. Mi sono stati concessi molta autonomia ed è stato dato spazio per le mie proposte: aspetti che ho apprezzato e mi hanno motivata molto, non essendo per me la prima esperienza lavorativa.

Ho partecipato alla realizzazione del materiale per la mostra “Borse, trolley e valigie – Viaggio nella storia dei bagagli”, come la traduzione dei comunicati stampa, e ho seguito la raccolta delle storie inviate al museo da Bolzano. In questa occasione ho potuto mettere alla prova sia le mie conoscenze linguistiche, sia quelle informatiche, imparando anche ad usare programmi che non conoscevo e lavorando alla registrazione e al montaggio del podcast. Studiando storia dell’arte, sono molto interessata anche alla storia, e molti dei racconti inviati al museo hanno tracciato degli scorci di storia recente estremamente suggestivi. Il progetto era talmente coinvolgente, che ho finito per scrivere una storiella anche io.

Durante la stagione invernale poi, il museo affianca l’istituto Gandhi in diversi progetti, due dei quali ho potuto veder svilupparsi. Il trilinguismo del Touriseum ben si sposa con gli indirizzi linguistici e ai ragazzi viene proposta la realizzazione di contenuti per e con il museo, aggiungendo a italiano, tedesco e inglese anche francese e spagnolo. Interagire con i ragazzi in didattica online è stata una sfida, ma l’ho accettata volentieri.

Fare ricerche, preparare il materiale per i progetti con la scuola, scegliere e raccogliere musiche e rumori di sottofondo per il podcast: ho potuto svolgere compiti vari e diversi, vivendo da vicino la realtà di un museo a porte chiuse. È stata un’esperienza molto più che positiva, di cui avrò sempre un bel ricordo.

Eleonora Tibaldo