di Elisa Feller
Mi aspettava ogni fine settimana e in ogni momento utile.
Solitamente mi accompagnava lungo il tragitto che durava tre ore, piene di attesa e desiderio, di pensieri beati, sapendo che, una volta raggiunta la mia meta, avrei vissuto in paradiso. Erano i giorni dell’amore.
Era sempre pronta e bastavano pochi oggetti, perché non servivano vestiti, non servivano accessori, non serviva nulla di più che l’attesa e il piacere del viaggio.
Era quindi leggera-leggera e si prestava a qualsiasi trasporto: preferivo il treno – tre ore di immersione nei miei sogni – oppure il più scomodo pullman. Talvolta usavo la macchina, un viaggio più rapido ma più rischioso. Ma con quella valigia avrei potuto affrontare qualsiasi pericolo, qualsiasi avversità, perché conteneva il mio cuore e il desiderio.
Ogni tanto c’erano mete diverse: le vacanze spensierate che facevano durare i sorrisi per tutto il giorno; gite in città d’arte dove si andava a caccia di curiosità e storia; escursioni in luoghi naturali, dove ci si lasciava andare alla bellezza e all’incanto. In quelle occasioni la mia valigia pesava un poco di più, perché al cuore, si accompagnavano le emozioni e i ricordi di attimi perfetti.
Ci sono stati anche viaggi più impegnativi, all’estero, in luoghi che evocavano la storia dell’uomo e della civiltà. Quante belle cose abbiamo visto: l’incredibile mondo ci offriva meraviglie che ci lasciavano a bocca aperta e ci facevano sentire piccoli di fronte allo splendore che esprimevano e ci facevano sentire fortunati per aver avuto l’occasione di assistervi. Allora la mia valigia si riempiva di curiosità e riconoscenza, che assieme al cuore, alle emozioni e ai ricordi portava con se pure intense esperienze e un pizzico di conoscenza in più, di consapevolezza.
Infine ho usato ancora quella valigia, ma era diventata improvvisamente pesante, difficile da trascinare, ma indispensabile: conteneva sempre il mio cuore pulsante, il desiderio, i ricordi erano intatti, ma le emozioni si erano estese, sconfinando nel campo della preoccupazione, del dolore; la consapevolezza duramente mi metteva al corrente dell’abbandono ormai imminente, le emozioni si erano tinte di scuro, piene di tristezza.
La mia valigia ad un tratto non serviva più: i viaggi, le gite, le vacanze…
Quei viaggi, quelle gite, quelle vacanze erano finite per sempre, perché chi mi accompagnava era partito per un viaggio più lungo, senza ritorno e dove le valigie di certo non servivano.
Io rimanevo ad un tratto senza mete, senza direzioni da prendere, senza progetti. Ma lì, davanti a me, dentro di me, c’era ancora la mia valigia. Mi sembrava inutile, superflua.
E invece conteneva i ricordi, diventati ancora più preziosi, e da questi venivano fuori sorrisi, ventate di felicità che la mia valigia aveva conservato intatte e che mi restituiva ora per farmi respirare. Veniva fuori ancora amore, perché non se n’era andato, aveva solo cambiato forma e le emozioni, velate da malinconia, riportavano alla riconoscenza e all’incanto di aver vissuto comunque e di aver avuto modo di viaggiare con la mia piccola valigia, perché piena solo di un cuore che tuttavia continuava a vivere e ad amare, per sempre.
Ogni settimana una nuova “storia di valigie”!
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Un’azione nella cornice della mostra temporanea “Borse, trolley e valigie – Viaggio nella storia dei bagagli” (2021)